Roland Barthes nel suo libro “Il piacere del testo” ha cercato di segnare il percorso della parola, del testo, della sua evoluzione, partendo dall'origine, cioè dalla prima traccia di scrittura, che era per lo più materia incisa o dipinta, fino al comporsi del vero e proprio testo, quindi al sorgere della lettura, del lettore, del diletto di leggere, del piacere di leggere.
Il piacere del testo è qualcosa di soggettivo, è qualcosa di molto culturale, e ognuno ha i suoi interessi culturali. Il testo viene trattato in una maniera ludica, ci si fa gioco di un oggetto eccezionale, minutamente strutturato e curato o infinitamente rinnovabile: può essere paragonato al gioco degli scacchi.
Chi lo compone cerca di creare un equilibrio tra il proprio gusto e quello del possibile lettore; ma il lettore non sempre sceglie il testo da leggere, può essere il testo a scegliere il lettore, ad attirarlo a sé come una calamita, a desiderarlo. Si sa che in mezzo al testo l'autore si perde, si nasconde e il lettore comincia a dimenticarlo e a diventare progressivamente l'autore del significato di quel testo. Con la sua immaginazione egli riesce ad andare oltre ciò da cui il vero autore era partito, ricreando ciò che la sua esperienza lo aiuta a vedere.
Questo può avvenire in diversi casi: leggendo un libro, ascoltando una canzone... insomma uno dei piaceri del testo è che esso apre le porte della mente lasciando libero spazio alla fantasia; fa scavalcare ogni barriera, portando il lettore in qualsiasi posto possibile o impossibile.
Soffermandoci sulla tematica della canzone, in questi casi si può dire che il testo diventa più importante della musica, letteralmente esso strappa il primato ad essa, diventando talvolta esso stesso musica. Molti cantanti si basano proprio su questo: le parole non sono più da accompagnamento alla musica, ma al contrario, è la musica a fare da sfondo alla bellezza poetica delle parole, al loro perfetto concatenamento. Tanto è vero che anche solo leggendo il testo di una canzone, senza dunque “l'aiuto” della musica si nota come sono le parole a creare il ritmo e mantengono intatta la loro sorprendente capacità di aprire universi mentali, in cui il lettore può attualizzare il mondo virtuale che le parole suggeriscono.
Da qui la spiegazione del titolo di questo commento: penso che il piacere sia qualcosa di soggettivo, anche se non si tratta di fare una graduatoria, una scala di piacere, in quanto ogni testo è quello che è, ha degli aspetti che risaltano e che lo fanno piacere, altri un po' meno e per questo passano in secondo piano, ma tutti i testi hanno qualcosa di unico.
Credo che il vero piacere del testo lo si raggiunga quando il lettore, come ho detto prima, viene attratto dal testo stesso, magari anche da un testo minuto, mai sentito prima, considerato poco rilevante, ma che possiede tuttavia una strana energia che attira, prende, sconvolge il lettore oppure lo calma, lo rilassa, lo fa riflettere, lo fa crescere. E la cosa paradossale di ciò è che quasi sempre questi testi non sono stati creati con questo intento ma si rivelano così solo perché hanno trovato la giusta persona, il lettore che ha seguito il suo intuito e ha scelto quel testo non in base ai pareri altrui ma a quello che la sua voce interiore gli suggeriva. In questo modo si può capire come i testi hanno una loro anima, è come se il lettore stesse cercando inconsciamente qualcosa di vivo ma anche di spirituale che possa completarlo.
Quindi il testo, l'insieme di tutti i testi, possono garantire il piacere di tutti i tipi di lettori,di tutte le età, in qualsiasi momento, e tuttavia è qualcosa che non appaga mai abbastanza; il testo contiene in sé i più svariati germi del piacere e il lettore curioso, o anche di più, appassionato, ne è alla continua ricerca.
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