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venerdì 10 luglio 2009

Iran: "volontà di verità" contro il filtro di stato

Guerriglia urbana per le strade di Teheran. Morti e feriti nei violenti scontri tra polizia e manifestanti scoppiati dopo la diffusione dei risultati elettorali che hanno sancito la vittoria di Mahmoud Ahmadinejad. L'emittente araba al-Arabya ha riferito che le forze di sicurezza iraniane hanno chiesto ai giornalisti stranieri di lasciare il Paese (429 giornalisti provenienti da 44 Paesi avevano chiesto un visto d’ingresso per poter seguire lo svolgimento delle elezioni). Sempre secondo al-Arabya, nella stessa serata delle manifestazioni Teheran sarebbe rimasta isolata dal resto del paese, «con le linee interurbane di telefonia disattivate».
Perché tutto ciò? Mi vieni in mente in riferimento, il testo della lezione inaugurale del Collège de France di Michael Foucault, in cui quest’ultimo si chiede cosa ci sia di tanto pericoloso nel fatto che la gente parli e che i discorsi proliferino indefinitamente. Foucault pensa che possano essere fornite due risposte opposte ad una stessa inquietudine nei confronti di ciò che il discorso è nella sua materiale realtà di cosa pronunciata o scritta, nell’avvertire dietro questa attività poteri e pericoli che non s’immaginano; e l’inquietudine nel sospettare lotte, vittorie, dominazioni. Suppone che in ogni società la produzione del discorso è insieme controllata e selezionata, organizzata e distribuita tramite certe procedure che hanno la funzione di scongiurare i poteri e i pericoli, di padroneggiare l’evento incerto.
In Iran lo scontro tra i due candidati è esploso: Mousavi, oppositore più temibile per il presidente uscente, ha giocato la sua campagna sulle “bugie” di Ahmadinejad e la necessità di cambiamento; Ahmadinejad, invece, ha puntato tutto sul nazionalismo. Inspiegabilmente però che il giorno in cui si è tenuto lo spoglio elettorale, il traffico internet iraniano sia crollato: sono state filtrate tutte le pagine web sensibili e bloccate anche le reti per gli SMS ed è stata oscurata anche le tv satellitare. Nel frattempo a siti web tecnologici, dove in alcune rubriche gli utenti chiedono e si scambiano consigli su questioni altamente tecniche, giungevano richieste su come creare una sorta di rete utilizzando access point wireless casalinghi o piccole stazioni radio/TV. Visto il ruolo che internet sta avendo nella diffusione di notizie sulla situazione iraniana, due giganti della rete hanno deciso di compiere un ulteriore passo per facilitare lo scambio di informazioni su quanto sta accadendo in Iran dopo le elezioni: Google annuncia di aver aggiunto anche il Farsi, lingua ufficiale iraniana, al suo servizio
Google Translate che permette di effettuare traduzioni di testi in 40 lingue. Facebook, noto social network, fa sapere di avere messo a punto una versione sperimentale in persiano. E così paradossalmente gli unici mezzi che rimangono al popolo iraniano per denunciare e comunicare la propria indignazione e le proprie opinioni sono i social network: aggirando il controllo sui media da parte del regime, i sostenitori di Moussavi hanno fatto un ampio (e inedito) uso di quest’ultimi, da Facebook a Twitter passando per YouTube. Sono diventati i simboli della libertà di parola nella loro lotta politica.
Foucault (Poitiers, 15 ottobre 1926 – Parigi, 25 giugno 1984) già in tempi non sospetti asseriva che nel tabù dell’oggetto, si hanno i giochi in cui s’intrecciano, si rafforzano e si compensano i tre tipi d’interdetto che formano un reticolo complesso che non cessa di modificarsi; ai giorni nostri, le regioni dove il reticolo si fa più fitto, sono le regioni della politica.” Non si ha il diritto di dire tutto, non si può parlare di tutto in qualsiasi circostanza, chiunque non può parlare di qualunque cosa”. Il discorso in apparenza è ben poca cosa, sono gli interdetti che lo colpiscono che rivelano il suo legame col desiderio e col potere.”Il discorso è ciò per cui, attraverso cui, si lotta, il potere di cui si cerca d’impadronirsi”. Gli scontri in Iran sono sfociati non solo per i presunti brogli che hanno portato alla vittoria di Ahmadinejad, ma come abbiamo detto anche per le presunte falsità che secondo la nazione ha detto durante la sua campagna elettorale. E' l'opposizione del vero contro il falso: "Come si potrebbe ragionevolmente paragonare la costrizione di verità con partizioni come quelle, partizioni che sono arbitrarie in partenza o che comunque si organizzano attorno a contingenze storiche; che sono no solo modificabili, ma in continuo spostamento; che sono sorrette da tutto un sistema di istituzioni che le impongono e le riconfermano; che non si esercitano infine senza costrizione, o senza almeno una parte di violenza."
E’ la volontà di sapere che muta, e che pone l’osservatore da una prospettiva che deve soddisfare dei canoni di veridicità. Qui si fortifica il concetto di volontà di verità, quello più attuale proposto da Foucault per il nostro secolo: dove non è più vero ciò che è pronunciato dall’autorità legittimata, come nella Grecia del VI secolo, ma la verità deriva da quello che il discorso effettivamente dice.
"Ora, questa volontà di verità , come gli altri sistemi d'esclusione, poggia su di un supporto istituzionale: essa è rinforzata, e riconfermata insieme, da tutto uno spessore di pratiche come la pedagogia, certo, come il sistema dei libri, dell'editoria, delle biblioteche [...]. Ma essa è anche riconfermata, senza dubbio più profondamente, dal modo in cui il sapere è messo in opera in una società, dal modo in cui è valorizzato, distribuito, ripartito, e in certo qual modo attribuito. [...] Credo insomma che questa volontà di verità, così sorretta da un supporto e da una distribuzione istituzionali, tenda ad esercitare sugli altri discorsi - parlo sempre della nostra società - una sorta di pressione e quasi un potere di costrizione."
Nonostante l’oppressione del popolo, tuttavia, dalla vicenda iraniana emerge sempre di più il ruolo di internet come portatore di democrazia: la vicenda rappresenta un delicato equilibrio fra il governo iraniano e un test che permette di valutare il modo in cui internet sta riuscendo ad influenzare la svolta democratica. Quello operata dai colossi telematici (Google,Facebook,YouTube ecc..) non deve essere una soluzione al problema. Garanzia più solida, per evitare le derive di quest’arma potente del filtro a livello provider, sarebbe una presa di coscienza collettiva dell’importanza di internet. Un po’ come adesso è per la libertà di stampa. Man mano che internet fa strada nella nostra società, i governi potrebbero iniziare a pensare che valga la pena stanziare risorse per filtrarla. Se quella coscienza collettiva non crescesse di pari passo, il rischio di ritrovarsi una internet stravolta nello spirito e nei contenuti diventerebbe molto concreto.
Le persone che hanno creato internet probabilmente volevano creare uno spazio che i governi non avrebbero potuto raggiungere. Penso che ora dobbiamo rivisitare quel concetto. Il problema è che è sottile il confine tra ricondurre internet a tutte le regole in vigore (come anche in altri media) e la censura della libertà d’espressione.
Gli eventi sono ancora in evoluzione in Iran, ma forse si può dire che internet ha già vinto.

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