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lunedì 13 luglio 2009

E se Foucault, oggi, …

Era il dicembre del 1970, quando Michel Foucault, al College de France, pronunciava il discorso-saggio sulle forme di selezione e controllo della produzione del discorso, esercitate dalla società . Fra le procedure di esclusione, su cui si sofferma , la prima è quella dell’interdetto:

Tabù dell’oggetto, rituale della circostanza, diritto privilegiato o esclusivo del soggetto che parla : si ha qui il gioco di tre tipi d’interdetto che si incrociano, si rafforzano o si compensano,formando un reticolo complesso che non cessa di modificarsi.”( L’ordine del discorso – pag 10 )

Che non cessa di modificarsi.

Era il dicembre del 1970 e Foucault parlava di oggetti, circostanze e privilegi.

Ma oggi, nel terzo millennio, Foucault, avrebbe fatto la stessa distinzione o avrebbe, anche, individuato categorie di interdetti, persone a cui togliere la parola senza considerare l’argomento, il contesto o il privilegio? E, se così fosse, quale potrebbero essere queste categorie a cui verrebbe negato il diritto di parlare? Quali potrebbero essere gli invisibili, a cui , solo perché appartenenti ad un insieme di cose e persone che hanno caratteristiche e proprietà comuni” ( De Mauro – Dizionario della lingua italiana ), verrebbe tolta la possibilità di essere ascoltati?

Potrebbero essere i clandestini? O gli anziani? O i disoccupati?

Chi sono i clandestini ? Mi ha molto colpito l’ardita etimologia della parola data da una donna magrebina, da cinque anni in Italia , intervistata, qualche giorno fa da un quotidiano nazionale . Una donna che vive, mangia, soffre , lavora nel nostro paese, ma che per la Legge non esiste, è invisibile. Clan/destino, ha detto, il destino legato ad un clan . Un clan che, spesso, è delinquenza organizzata, o, forse, delinquenza non organizzata, ma che sfrutta , sotto pagando queste persone che non esistono. Non per razzismo, no, solo per cinica convenienza economica.

I clandestini vivono nascosti nell’ombra, ma non hanno ombra.

Si può dare parola a chi, di fatto, non esiste?

Forse Foucault, parlerebbe di interdizione degli invisibili .

Invisibili anche gli anziani?

Chi sono gli anziani?

L'ISTAT definisce "popolazione anziana" quella al di sopra dei 65 anni, contrapponendola alla fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni – che invece – viene definita “popolazione attiva”. La consistenza numerica della popolazione anziana, fornita sempre dall’ISTAT, viene indicata in circa il 20% di tutta la popolazione italiana che è composta di 58.751.711 cittadini (dato 2005). Dunque gli anziani, nel nostro Paese, sono circa 11 milioni,di cui , il 10% ultraottantenni.

Ma qual’è il peso e la funzione sociale di questo esercito?

L’anziano spesso è solo e, di frequente, non si è adeguato allo sviluppo tecnologico, non ha curato la sua salute, non ha coltivato interessi.

Molte volte è un peso per la famiglia, da cui pretende cure ed attenzioni.

Quello che dice viene considerato inadeguato, anacronistico, senza senso.

Le sue vengono considerate solo maniacali ripetizioni, ( e a volte lo sono ), a cui sarebbe insensato dare ascolto. Nulla di quello che dice è opportuno, adeguato, attuale.

Da un punto di vista sociale non gli viene attribuito il patrimonio di esperienza, né la saggezza, per esempio, riconosciuta agli anziani dell’antichità greco-romana.

Quello che una volta veniva definito come patrimonio dei capelli bianchi, adesso è scomparso nel grigiore di una vita senza ascolti.

Forse Foucault parlerebbe di interdizione dei capelli bianchi.

L’ultima, ipotetica, categoria potrebbe essere quella di chi non ha lavoro, dei disoccupati.

Chi non ha certezze economiche per se e per la sua famiglia che possibilità ha di parlare?

Con chi, di cosa, e in quale luogo, potrebbe farlo?

Forse potrebbe farlo, inascoltato, in manifestazione di piazza, assieme ad altri che vivono la sua stessa condizione.

Un coro senza voce, un coro a bocca chiusa, come nella “ Madama Butterfly “ .

Parole senza suono che si disperderebbero, assorbite da chi ha la possibilità di farsi ascoltare, diventando solo un noioso brusio, come quello delle cicale nelle notti di agosto.

Forse Foucault parlerebbe di interdizione delle cicale.

Questo avrebbe potuto dire Foucault, oggi, o, forse, no.

Ma quel “non cessa di modificarsi” mi girava nella testa, e se anche non fossero queste le riflessioni che Foucault potrebbe fare oggi, sicuramente, sarebbero diverse da quelle che elencò quel dicembre del 1970, al College de France, almeno credo.


Raffaele Galiero

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