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sabato 20 giugno 2009

Avete mai visto un computer piangere?

"L'intrecciarsi di arte e scienza, di vedere e pensare, si esprime nella fisiologia dell'occhio : la retina è fatta di cellule cerebrali, il cervello inizia nella parte posteriore dell'occhio. E' lì che vedere diventa pensare!"

Edward Tuften

guru dell'Analitical Design


Textarc è sicuramente uno tra i più innovativi e tecnologici software di analisi testuale oggi presenti su web. Associa ad una lettura lineare di un dato testo (abbiamo oggi, a nostra disposizione come esempi “Amleto” e “Alice nel Paese delle Meraviglie”, che sono gli unici due testi finiti che il software pesca direttamente nel database Project Gutemberg, il più grande archivio digitale di libri presente sul web) una simultanea rappresentazione grafica di esso su ellissi. Il testo viene esposto in toto graficamente e, durante la lettura, un tracciato colorato evidenzia le varie relazioni “spaziali”, “lessicali” e “semantiche”.

Ma Textarc è davvero tutto ciò?

Con questa mia incognita non voglio certo mettere in forse il lavoro che sta dietro il software, ma vorrei solo concentrare l’attenzione su alcuni snodi chiave nella definizione e, conseguentemente, del fine specifico del programma.

Partendo da un’analisi globale di Textarc possiamo subito renderci conto della sua doppia funzione di: gioco e/o strumento ( ovviamente nel nostro caso punteremo l’attenzione sulla sua funzione strumentale di innovazione analitica e, oserei dire, didattica).

Per capire che significato potrebbe assumere il testo dislocato secondo i criteri del programma muoverò la mia critica attorno ai suoi tre punti chiave:

· Indicizzazione;

· Interpretazione;

· Interattività;

concentrando l’attenzione sul secondo punto, l’interpretazione, cercando di esporre nel modo più chiaro e consono possibile il perché della necessità di dover parlare, in questo caso, di analisi anziché di interpretazione.

Per quanto riguarda il principio utilizzato dal programma per indicizzare i termini di ricerca e i criteri di assemblaggio dati, si basa fondamentalmente sui due metodi maestri: la classificazione di Bacone e quella decimale di Dewey.

La prima affonda le radici in un testo di Aristotele secondo il quale “Ogni scienza è o pratica o teoretica o poetica”, questa classificazione, valida fino all’età moderna, venne ricostituita da F. Bacone, basandosi sulle diverse facoltà che l’uomo mette in opera in ciascuna scienza: si hanno le scienze della memoria (storia civile e storia naturale), le scienze della fantasia (poesia e romanzo) e le scienze della ragione (la filosofia, che include la scienza di Dio, della natura e dell’uomo). A seguito di Bacone, Comte introdurrà una nuova classificazione in cui, dopo la divisione più generale fra conoscenze pratiche e teoriche, queste verranno poi disposte nell’ordine del loro naturale concatenamento e secondo la loro naturale dipendenza. Un tale ordinamento risulterà dal grado di semplicità dell’oggetto e dalla corrispondente generalità delle loro leggi, cominciando dalle più semplici e generali fino alle più complesse e particolari. Secondo tale criterio Comte classifica in quest’ordine le sei scienze fondamentali: la matematica, l’astronomia, la fisica, la chimica, la fisiologia e la sociologia.

La seconda è la più antica e diffusa tra le classificazioni attualmente in uso, è utilizzata in quasi tutti i paesi del mondo nelle biblioteche di pubblica lettura e nelle biblioteche scolastiche; è detta decimale perché adotta come simbolo delle dieci materie (classi), in cui divide le scienze, le dieci cifre della numerazione araba; ogni classe è poi ulteriormente divisibile in dieci divisioni e le divisioni in dieci sezioni (infatti ogni documento, per poter essere classificato, deve essere individuato da almeno tre cifre: ad esempio un libro di narrativa italiana corrisponderà al numero 853). Sulla base di questo sistema l’operazione di classificazione coincide con quella di attribuzione al documento di una collocazione, che in questo caso viene detta collocazione mobile, in quanto non è legata all’ambiente e allo spazio in cui il documento si trova, ma si adatta a qualsiasi eventuale “trasloco”.

Snodo primario e parallelo alla lettura lineare del testo, e quindi alla sua indicizzazione, è la fase di CONCORDANZA: l’intera stesura testuale viene setacciata al fine di creare una prima fase di concordanze tra i termini chiave riscontrati durante la lettura e l’eliminazione delle parole di scarsa rilevanza grammaticale come il, un, di, ecc …

Una parola acquista importanza quanto più risulta rara, oppure quanto più è incisivo il suo significato semantico. In seguito all’analisi delle concordanze lineari avremo un ulteriore processo di filtrazione testuale per la messa in evidenza delle concordanze a coppia, che comporterà l’eliminazione e/o l’implementazione di ulteriori termini grammaticalmente e semanticamente, più o meno rilevanti.

Il fine di questo processo è quello di produrre:

1. Un elenco di concordanze lineari in colonna al quale poter attingere nel caso di specifiche e mirate ricerche;

2. La produzione di una raggiera dinamica che mette in relazione ogni singola parola con le altre presenti nell’ellisse (testo esposto graficamente).

Il rischio che comporta però il sistema di concordanze è quello di innescare una serie di reazioni a catena che abbraccerebbero e regolerebbero le varie funzioni di indicizzazione, di interattività e di interpretazione, legate alla programmazione degli algoritmi che lo controllano. E’ qui che si apre dunque il nostro dibattito su quanto ci sia di analitico e quanto invece di interpretativo in un’analisi testuale digitale di un testo scritto di pugno umano.

Il sistema di concordanze rischia ad ogni suo setaccio testuale l’eliminazione involontaria di legami semantici che, ovviamente non dipendono dalla programmazione del sistema stesso, in quanto, questo è regolato unicamente da algoritmi basati su criteri logico-semantici prestabiliti.

Textarc lavora su algoritmi il cui criterio di programmazione è basato sugli “algoritmi PageRank di Google”.

Il PageRank è un algoritmo di analisi che assegna un peso numerico ad ogni elemento di un collegamento ipertestuale d'un insieme di documenti, come ad esempio il World Wide Web, con lo scopo di quantificare la sua importanza relativa all'interno della serie. L'algoritmo può essere applicato a tutti gli insiemi di oggetti collegati da citazioni e riferimenti reciproci.

Il calcolo assegna iterativamente un indice di merito ad ogni pagina pubblicata su Internet, basandosi principalmente sulla media ponderata dei PR delle altre pagine che la collegano con un link. Il risultato dell'algoritmo matematico si avvicina al concetto umano di "importanza", o popolarità, valorizzando la possibilità di una visita alla determinata pagina. Il PageRank di una specifica pagina è definibile quindi come la probabilità che un utente la possa visitare. Di conseguenza, la somma delle probabilità per tutte le pagine esistenti è pari ad uno, in quanto l'utente dovrà sempre essere su una pagina web in un particolare momento.

Spostiamoci dunque per un momento verso un discorso prettamente matematico-logico che ha come perno centrale la definizione di algoritmo, mettendo da parte, e riprendendo in seguito, quel che è filosofia, in quanto, in fin dei conti, è in questo senso che muovo la mia critica contro Textarc: un algoritmo può Interpretare allo stesso modo, anzi “meglio”, di una mente avente facoltà di linguaggio?

Con “algoritmo” definiamo dunque, quel procedimento di calcolo che consente di pervenire alla soluzione di un problema, numerico o simbolico, mediante una sequenza finita di operazioni, completamente e univocamente determinate.

Vi sono delle caratteristiche essenziali che un algoritmo deve avere per definirsi tale, ossia:

· l'insieme di istruzioni che definisce l'algoritmo deve essere finito;

· deve esistere un agente di calcolo in grado di eseguire le istruzioni;

· il procedimento di calcolo deve essere suddiviso in passi discreti;

· la computazione deve essere deterministica, ossia la sequenza dei passi computazionali deve essere determinata senza alcuna ambiguità.

L’esecuzione di un calcolo su alcuni dati potrebbe non terminare o perché il procedimento è stato mal concepito o perché il problema stesso comporta che ciò avvenga.

In base alle tesi di Church - Turing tutti i modelli di calcolo ragionevoli hanno la stessa potenza: sono in grado di eseguire algoritmi per il calcolo dello stesso insieme di funzioni e risolvono gli stessi problemi, pur operando con diversa efficienza.

L’informatica rappresenta tutte le sue entità in forma digitale come sequenze finite su alfabeti finiti descrivendo dunque un mondo numerabile in cui qualsiasi modello si scelga, gli algoritmi devono esservi descritti, ossia rappresentati da sequenze finite di caratteri, arrivando, di conseguenza a concludere che gli algoritmi sono possibilmente infiniti ma numerabili.

Conseguentemente le funzioni matematiche non sono numerabili al contrario degli algoritmi che lo sono e che rappresentano meccanismi di calcolo per le funzioni, quindi esistono funzioni non calcolabili.

Non tutte le funzioni posso essere calcolabili e non tutti i problemi risolti poiché esistono più problemi e funzioni che algoritmi di calcolo.

Questo basterebbe a dimostrare la poca attendibilità, da parte di un sistema basato su algoritmi, di un’interpretazione testuale. Un sistema di algoritmi è semplicemente una “macchina”, una “non mente” e in quanto tale dipende solo ed esclusivamente da una progettazione umana antistante.

Ma parlando di algoritmi non posso non esporre la chiave e la “risoluzione” del problema: la Macchina di Turing.

Una macchina di Turing è una macchina formale, cioè un sistema formale che può descriversi come un meccanismo ideale, ma in linea di principio realizzabile concretamente, che può trovarsi in stati ben determinati, opera su stringhe in base a regole ben precise e costituisce un modello di calcolo. Essa ha la particolarità di essere retta da regole di natura molto semplice, ovvero di potersi descrivere come costituita da meccanismi elementari molto semplici; inoltre è possibile presentare a livello sintetico le sue evoluzioni mediante descrizioni meccanicistiche piuttosto intuitive. D'altra parte essa ha la portata computazionale (potere computazionale) che si presume essere la massima: si dimostra infatti che essa è equivalente, ossia in grado di effettuare le stesse elaborazioni di tutti gli altri modelli di calcolo di più ampia portata. Di conseguenza si è consolidata la convinzione che per ogni problema calcolabile esista una MdT in grado di risolverlo: questa è la cosiddetta congettura di Church-Turing, la quale postula in sostanza che per ogni funzione calcolabile esista una macchina di Turing equivalente, ossia che l'insieme delle funzioni calcolabili coincida con quello delle funzioni ricorsive. Per le sue caratteristiche, il modello della MdT è un efficace strumento teorico che viene largamente usato nella teoria della calcolabilità e nello studio della complessità degli algoritmi. Per definire in modo formalmente preciso la nozione di algoritmo oggi preferenzialmente si sceglie di ricondurlo alle elaborazioni effettuabili con macchine di Turing.

In talune circostanze può essere utile considerare una MdT che presenta un'evoluzione illimitata (infatti si considerano infinite le risorse di spazio e tempo a disposizione della macchina). Ad esempio interessa far procedere "illimitatamente" (cioè "quanto risulta utile") una MdT che genera gli elementi di una successione di oggetti (ad es. i successivi numeri primi, o i successivi numeri di Mersenne, o le successive cifre decimali di un numero irrazionale come pi greco). In altri casi invece un'evoluzione illimitata di una MdT è considerata un insuccesso. Quando si vuole che una MdT ricerchi in un insieme numerabile un elemento con determinate caratteristiche ed essa procede nella ricerca senza fornire alcuna indicazione, ci si trova in una situazione decisamente insoddisfacente: non si sa se interrompere un'elaborazione inutile oppure attendere ancora un risultato che potrebbe essere fornito dopo un ulteriore lavoro in tempi accettabili.

È dunque importante poter stabilire se una MdT, o un altro sistema formale equivalente ("lambda-calcolo" di Church, ad es.), quando le si sottopone una stringa (di dati) si arresti o meno. Questo è detto Problema della fermata o Problema dell'arresto della macchina di Turing. Si trovano casi nei quali si dimostra o si verifica che si ha l'arresto, casi per i quali si dimostra che l'evoluzione non si arresta ma potrebbe procedere quanto si vuole e casi per i quali non si sa dare risposta.

Sembra ragionevole cercare un procedimento generale per decidere uno di questi problemi. Dato che le MdT si rivelano in grado di risolvere tutti i problemi che si sanno risolvere con gli altri procedimenti noti, è sensato chiedersi se esiste una macchina di Turing in grado di decidere per una qualsiasi coppia (M,d) costituita da una MdT M e da una stringa di dati d se, quando si fornisce d a M, questa si evolve fino ad arrestarsi o meno. Questa richiesta è resa ancor più significativa dall'esistenza, dimostrata dallo stesso Turing, di una cosiddetta macchina di Turing universale, macchina in grado di simulare qualsiasi evoluzione di qualsiasi MdT (anche le evoluzioni di sé stessa!). Ebbene Turing ha dimostrato che la macchina di Turing universale non è in grado di decidere in ogni caso il problema dell'arresto. Quindi nessuna macchina di Turing può farlo. Questo risultato negativo si esprime dicendo che il problema dell'arresto è Turing - indecidibile. Se si accetta la congettura di Church - Turing sulla portata della macchina di Turing, si conclude che il problema dell'arresto della macchina di Turing è indecidibile.

Questo risultato negativo costituisce un limite per tutti i meccanismi computazionali; esso costituisce un risultato limitativo di grande importanza generale e per lo studio degli algoritmi. L'importanza generale dipende dal fatto che ogni procedimento dimostrativo automatico si trova equivalente a una computazione che può effettuarsi con una macchina di Turing. Va posto in rilievo che la Turing - indecidibilità del problema dell'arresto si dimostra equivalente al teorema di incompletezza di Gödel, il primo fondamentale risultato limitativo per la matematica. Si trova inoltre nello studio degli algoritmi e della loro complessità che dalla indecidibilità dell'arresto si deducono abbastanza agevolmente molti altri risultati limitativi.

Un algoritmo è solo il neurone base di una non mente, che per quanto voglia sforzarsi a diventare qualcosa di “umano” resterà, comunque, sempre uno degli oggetti più o meno utilizzati nelle nostre pratiche comunicative.

Il linguaggio è arte, tecnica, erotismo, è al contempo il mezzo e il fine di se stesso collocato nella storia naturale dell’uomo. Tramite esso costruiamo ipotesi, avvertiamo sensazioni, parliamo di lingue per spiegarlo e vi costruiamo su regole da seguire (o da credere di seguire); lo analizziamo, lo mettiamo al centro di triangoli più o meno regolari da lanciare in aria e far ruotare come monetine delle quali non si vedranno mai né l’una né l’altra faccia, e che ci daranno l’atomo centrale delle nostre ipotesi, confutazioni, sensazioni, deduzioni e interpretazioni.

Questo è ciò che fa Textarc.

… O forse no!

Non basta dire che esistono atti comunicativi ammessi e atti comunicativi non ammessi, poiché questo sarebbe troppo riduttivo e costrittivo. Bisognerebbe puntare, invece, al setaccio e alla ricerca di quegli atti di comunicazione e incontro sociale stimolanti, che portano ad un piacere, oserei dire erotico, nei confronti del testo, che va ben oltre la lettura, la comprensione e l’interpretazione.

Nell’atto della presa di parola, il parlante afferma di essere tale, si lascia guidare e stimolare dall’istinto del piacere verso il parlare, dal mettere insieme segni intrecciando giochi linguistici sempre più perversi e attraenti, dove, a quel punto, l’interpretare quel che vuole dire, e l’anticipare il punto al quale vuole arrivare, diventa un qualcosa di estremamente animale, ma che solo ed unicamente l’animale umano può compiere e realizzare a pieno. A questo desiderio erotico di linguaggio affiancheremo il suo potere di istituzione politica che ci afferma come animali parlanti, viventi in una società che controlla e seleziona i discorsi in base a criteri di esclusione basati sulla legge del più forte:

parla chi ha potere, tace chi non ne ha. Chi ha il potere e parla fa le regole del linguaggio che monta, regole che impone a chi non ha questo potere, il quale non è libero di costruirsi regole sue da seguire nel linguaggio globale, a meno che non voglia estremizzare quel che è il concetto (già “contraddittorio” nella sua accezione saussuriana) di arbitrarietà e vivere in base a un linguaggio privato che a questo punto gli permetterebbe solo di NON vivere. Chi invece sopravvive al peso di un linguaggio dal quale è costretto a dipendere sa, e accetta le regole d’uso che questo comporta, regole che in quanto tali, e in quanto montate dalla storiografia naturale dell’uomo, sono più di ogni altra cosa esposte a quel che potrebbe esser una cattiva ed errata loro interpretazione e quindi, arrivati a questo punto, seguire la regola diverrebbe, di conseguenza, credere di seguire la regola.

Se volessi esporre un’analisi e muovere una critica con gli stessi criteri che Textarc possiede per analizzare i suoi testi, potrei scegliere lo stesso metodo di indicizzazione che utilizza il software, mostrando quante volte, nei vari trattati e conferenze nella storia della linguistica generale e della filosofia compare la parola “interpretazione” ; definire le sue varie accezioni e racchiuderle tutte in un algoritmo; stabilire l’n numero di volte che potrebbero incastrarsi tra di loro e con i vari contesti che si verrebbero a creare, arrivando a stabilire i vari tipi di concordanze; dunque progettare un grafico capace di esporre in modo chiaro ed evidente ciò che il termine “interpretazione” può significare semanticamente, grammaticalmente, logicamente e storicamente con i contesti testuali che lo conterranno e … scegliere un nome che sia d’impatto per il mio software di interpretazione testuale.

Con questa mia ironia non vorrei peccare di presunzione, ma dopo attente analisi e varie esposizioni in aula di quel che comporta e di quel che è lo scheletro base di Textarc, almeno per quanto riguarda i punti di indicizzazione e interattività, un qualsiasi ingegnere informatico potrebbe registrare sul web un software di lettura e analisi testuale.

Il problema sorge però in seno a quel che è il motivo principale e il perno, attorno e per il quale, un software del genere viene creato: l’interpretazione di un testo umano.

Ora, se per testo (che sia un testo di qualsiasi natura si voglia) intendiamo quel modo di comunicare segni ed emozionare, comune a tutti gli esseri umani aventi una storiografia naturale, cominceremo ad avere qualche difficoltà nel cercare di definire cosa potrebbe essere l’interpretare umano in un atto comunicativo forte ed esigente quale è un testo scritto. Quest’ultimo infatti, a differenza di quel che è la comunicazione verbale orale credo pretenda, con molta più esigenza, la presenza viva di una mente che lavori alla sua interpretazione basandosi sulle regole d’uso che ha e arrivando all’applicazione che comportano.

In quel che è la semiotica di Peirce, tra le pagine in cui lui espone le sue posizioni, che diventeranno poi le radici impolverate di una più certamente complessa teoria sul linguaggio umano, troveremo scritto che, ogni modo indiretto di comunicazione di un simbolo deve dipendere a sua volta da un’icona; che un simbolo può descrivere solo un altro simbolo e che quindi si ha bisogno di un interprete tra la mente, il segno e l’oggetto denotato. Icona e Indice non asseriscono nulla. La più importante suddivisione dei segni che abbiamo è quella che li classifica in: ICONE, INDICI e SIMBOLI.

· Un’Icona è un Rapresentamen la cui qualità rappresentativa è una primità dell’icona, in quanto l’icona è un primo. Dove il Rapresentamen è un Primo che sta in una tale relazione triadica con un Secondo – il suo oggetto – da essere capace di determinare un Terzo – il suo Interpretante – ad assumere la stessa relazione triadica con l’Oggetto nella quale si trova il Rapresentamen con lo stesso Oggetto.

· Un indice è un Rapresentamenil cui carattere Rappresentativo consiste nel suo essere un secondo individuale. Se la secondità è una relazione esistenziale l’indice è genuino; se la secondità è un riferimento l’indice è degenerato.

· Un simbolo è un Rapresentamen il cui carattere Rappresentativo consiste precisamente nel suo essere una regola che determina il suo Interpretante.

“[…] una regola che determina il suo Interpretante”.

Dietro quel che è il nostro linguaggio ci sono appunto REGOLE che smentiscono quel che era il pensiero di Agostino o la teoria del Modello Ingegneristico della Comunicazione. Noi agiamo in base a regole d’uso, che ci creiamo e dalle quali dipendiamo.

Ludwig Wittgenstein nel paragrafo 186 delle “Ricerche Filosofiche” scrive: “anziché dire che ad ogni punto è necessaria un’intuizione sarebbe forse più esatto dire: ad ogni punto è necessaria una nuova decisione.” Questo in merito ad un discorso introduttivo che poi approfondirà nei seguenti paragrafi sul: cos’è una regola, come ci condiziona e a cosa serve. Ad un certo punto del suo esame, una volta introdotto e affrontato con le pinze il punto SEGUIRE LA REGOLA, si trova davanti all’ammissione che tra la regola e la sua applicazione c’è una sorta di punto cieco in cui accade un qualcosa che rischia ogni volta di farci cadere in errore, causato dal problema dell’Interpretazione della regola. (Witt. – par.198 – “Qualunque cosa io faccia, può sempre essere resa compatibile con la regola mediante una qualche interpretazione”).

“Amo il testo perché è lo spazi raro del linguaggio da cui ogni <> è assente. Il testo manifesta la natura asociale del piacere, fa intravedere la verità scandalosa del godimento: potrebbe benissimo essere neutro.” È questo che scrive Roland Barthes nel suo: “Il piacere del testo”, ed è nella sua stessa direzione che muoverò ora la mia critica verso una lettura digitale di un corpo testuale.

Leggiamo tra i paragrafi invisibilmente nominati dell’autore: <<>

[…] Il piacere, nel caso del testo, nasce da una perdita. È una faglia, una frattura che coglie il soggetto nel pieno godimento.[…] La parte più erotica di un corpo non è dove l’abito si socchiude? Nella perversione non ci sono zone erogene, è l’intermittenza che è erotica. Il piacere dello strip-tease è un piacere molto più intellettuale. Tutta l’eccitazione si rifugia nella speranza di vedere il sesso o di conoscere la fine della storia.

Ma non leggiamo tutto con la stessa intensità di lettura, si stabilisce un ritmo, disinvolto, poco rispettoso dell’integrità del testo. Diventiamo simili ad uno spettatore di cabaret che sale sul palco e accelera lo strip-tease della ballerina, togliendole gli indumenti, ma nell’ordine, rispettando gli episodi del rito. >>

Annusiamoli i testi! Scrutiamoli tra gli scaffali delle librerie! Cerchiamo quelli in fondo, quelli nascosti dietro colonne bene in vista dei best-seller e dei classici. Cerchiamo il testo dei testi! Quello che mai nessuno comprerebbe perché troppo dimenticato e troppo poco discusso dalle infinite opinioni del mondo. Facciamoci guidare solo dai sensi e lasciamo da parte la logica della cultura o della ragione (lei ci ha insegnato ad entrare nelle librerie, ora sta al tatto e all’olfatto capire quello di cui si ha bisogno!). La ricerca non sarà facile: gireremo in lungo e in largo tra inutili libri di cucina orientale e insidiosi gialli, che ci convinceranno lungo il tragitto dallo scaffale alla cassa, ma che ci faranno schifo un istante prima di pagare. Torneremo dunque indietro, e con fare molto disinvolto e turbato riporremo quel libro, troppo schivo per i nostri gusti, al suo posto e inizieremo una nuova ricerca. Forse ci riusciremo, subito o dopo qualche ora, ma lo compreremo, senza leggere: non ci interesserà né la quarta né il titolo! Ci innamoreremo di lui solo dall’odore che emana, dalla sua morbidezza e dal colore delle sue pagine. Lo compreremo di fretta, prima che la stupida ragione prenda il sopravvento; e poi, arrivati casa, lo metteremo su uno degli scaffali esagonali della nostra piccola Babele e lo lasceremo crescere, maturare, lo faremo ambientare con le luci e gli odori della nostra (sua) casa e ci dimenticheremo di lui! … Ma non per molto!

Questo è un consiglio che mi è stato dato tempo fa da uno scrittore che ho conosciuto il quale, anch’egli mi parlava implicitamente di un piacere del testo, di una sessualità nascosta che possiede, non solo il volume in se, ma anche tutto quello che sta dietro le parole e il racconto: mi ha insegnato un approccio umano con il testo!

<< style="">schemi invisibili, di cavalli selettivi: il vocabolario, i riferimenti, la leggibilità, ecc …; e, perduto in mezzo al testo, c’è sempre l’altro, l’autore. […] Il testo può, se ne ha voglia, aggredire le strutture canoniche della stessa lingua: il lessico, la sintassi >>.

Riporterò di seguito un passo del testo Taoista “Zhuang -Zi” con il dialogo tra il principe Wen-hui e il suo macellaio:

<< Il macellaio del principe Wen-hui così smembrava un bue: con le mani afferrava la bestia; con la spalla la spingeva e, tenendo i piedi ben fermi al suolo, la sosteneva con le ginocchia. Affondava il coltello con un ritmo così musicale che ricordava quello delle celebri melodie suonate a corte durante la "danza del boschetto dei gelsi". "Ehi!" chiese il principe Wen-hui "come può la tua arte giungere a un tale grado di perfezione?"
Il macellaio posò il coltello e disse: "Amo la virtù e così miglioro nella mia arte. All'inizio della mia carriera non vedevo che il bue. Dopo tre anni di pratica, non vedevo più il bue. Adesso è il mio spirito che opera, più che i miei occhi. I miei sensi non agiscono più, ma soltanto il mio spirito. Conosco la conformazione naturale del bue e attacco solo gli interstizi. Non scalfisco mai né le vene né le arterie, né i muscoli né i nervi, né a maggior ragione le grandi ossa! Un buon macellaio consuma un coltello all'anno perché taglia la carne. Un normale macellaio consuma un coltello al mese perché lo rovina sulle ossa. Lo stesso coltello mi è servito per diciannove anni. In verità le giunture delle ossa hanno degli interstizi e il taglio del coltello non ha spessore. Colui che sa introdurre il filo della lama in quegli interstizi usa agevolmente il proprio coltello, perché si muove attraverso i vuoti. E' per questo che io ho usato il mio coltello per diciannove anni e il suo taglio sembra sempre affilato di fresco. Ogni volta che devo dividere le giunture delle ossa, osservo le difficoltà da superare, mi concentro, fisso lo sguardo e lentamente procedo. Con grande dolcezza maneggio il coltello e le giunture si separano cadendo al suolo come terra che frana. Ritraggo il mio coltello e mi rialzo: volgo lo sguardo attorno e mi distraggo, compiaciuto; con cura pulisco il mio coltello e lo ripongo nel suo astuccio.
"Molto bene" disse il principe di Wen-hui "dopo aver udito le parole del macellaio ho capito l'arte di governare"
>>.

Ecco! Lui, il macellaio, con la sua tecnica fine e pregiata, senza presunzione e con la cautela del più raffinato orafo, smembra il bue nei suoi punti vuoti, disegna con la sua lama le nervature vere e più nascoste attorno alle quali l’animale si divide nelle sue parti più inside.

Questo dovrebbe fare Textarc! Dovrebbe innamorarsi innanzitutto del testo che sta analizzando, acquisire una sua tecnica per poterlo sezionare e poi, con cura meticolosa di tutto quel che sta dietro questo estenuante lavoro ,forse i suoi grafici, i suoi collegamenti multimediali tra i termini di “Alice nel paese delle meraviglie” si potrebbero reputare attendibili, e magari anche interessanti. A questo punto si potrà dire di aver creato un software di Interpretazione testuale attendibile!

… E a quel punto …

Nessuno scriverà più! Nessuno si guarderà in torno! Nessuno piangerà o urlerà! Non esisterà più la gioia o il dolore, e non ci saranno più regali sotto i nostri plastici natali! Gli sguardi saranno rari e le strette di mano saranno deboli! Vivremo senza un fine e senza il gusto per il piacere! Saremo ripudiati dagli animali stessi perché arriveremo ad uno stadio antistante al loro! E tutto ciò perché la nostra fame di sapere e il nostro bisogno di affermazione ci renderà sempre più stupidi e asociali. Non parleremo mai più di politica poiché essa stessa non ci darà modo di farlo! Non parleremo più … perché non avremo motivo di farlo!

Ci stiamo iniziando ad un mondo fatto su misura per le macchine, dove ogni accenno alla mano, alla voce, allo sguardo è cancellato da stupidi interpreti iniziati da questo stesso mondo! Non avremo più voglia di abbandonarci al piacere perché ci insegneranno che, non è sbagliato, ma inutile. E da qui inizieranno a spiegarci che leggere le righe di un testo sarà pura comunicazione fatica, e che il nostro interpretante tra mente, segno e oggetto sarà tutto e non sarà niente.

Forse il testo è qualcosa di troppo grande e vasto, forse in esso ci sono troppe gallerie e cunicoli inesplorabili e probabilmente queste gallerie portano a tutto … e non portano a niente!

Ma in qualsiasi mondo esse sfocino Textarc non lo potrà mai sapere!

In conclusione credo che ormai nulla si possa aggiungere in favore della mia posizione su quanto ci sia di interpretativo in un software. Introduco, o forse è più corretto dire, mi unisco anch’io al dibattito aperto da anni ormai su quanto utile e quanto male ci renda la digitalizzazione.

La lettura è un’arte, uno stile di vita, un antidoto e un veleno al tempo stesso, fa piangere o gioire, e molte volte, proprio in base all’interpretazione che il lettore sceglie di dare al testo!


Avete mai visto un computer piangere?