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venerdì 10 luglio 2009

La preclusione al piacere

Ogni scienza definisce il proprio oggetto mediante tratti positivi e procedure di rifiuto di ciò che non considera pertinente alla sua materia. La linguistica moderna, ad esempio, trascura gli aspetti sostanziali, o materiali, del linguaggio, e si concentra sul piano della forma (prendendo in esame relazioni, strutture e combinazioni).
Secondo Roland Barthes, autore de “Il piacere del testo”, all’esclusione di questi aspetti sostanziali bisogna aggiungere la negazione di quegli spazi in cui un testo esprime la propria deriva pulsionale, la spinta al piacere o al godimento.
Alla scienza del linguaggio Barthes oppone "la scienza dei godimenti del linguaggio", cioè la scrittura. Bisogna però saper distinguere - e Barthes si cimenta di continuo con questa difficile e necessaria distinzione - tra godimento e piacere. Il piacere è appagamento mentre la jouissance è mancamento, perdita. Il piacere del testo è l'euforia, la soddisfazione, l'agio, mentre il godimento è la scossa: nel godimento, il soggetto perde la consistenza del suo Io.
Sembra che per Barthes la scrittura acquisti valore e solidità quando è in grado di produrre fratture e lacerazioni. Quando invece si propone come strumento risolutore di ogni contrasto non funziona. Infatti, la scrittura stessa nasce da un bisogno di divisione, la sua natura è di produrre collisioni, rotture e fratture tramite cui ridistribuire la lingua.
La frattura è per Barthes il luogo della perdita, in cui il lettore ottiene la percezione del sapere, gode nel disvelare ciò che non è visibile, prolunga la sua lettura senza sapere se raggiungerà una verità.
Il piacere, però, non è un elemento del testo, non fa parte di esso e non dipende dalla sensazione. Per l’autore de “Le plaisir du texte” è una deriva - “la deriva mi succede tutte le volte che non rispetto il tutto”, scrive Barthes - è qualcosa che è insieme rivoluzionario e asociale e non può essere adottato da nessuna collettività, e da nessuna mentalità. Il piacere del testo è scandaloso e atopico, non è una parlata, una finzione.
Barthes osserva che un francese su due non legge. Privandosi della lettura i francesi non rinunciano solo ai canoni del bello ideale e della perfezione, espressi dalle civiltà greco-romane, ma, cosa più importante, essi si privano del piacere.
La causa è ideologica: il piacere è precluso tanto dalla morale maggioritaria della piattezza di massa quanto dalla morale d’èlite, dal rigore politico e scientifico. Dunque anche se in passato vi era la tendenza a imitare e valorizzare le opere greche e latine attraverso la lettura e la loro riscoperta, pur avendo precluso il piacere inteso alla maniera di Barthes (ma non il piacere inteso in altro modo, ad esempio del bello ideale delle civiltà classiche), ci si poteva comunque vantare del fatto che in qualche modo la lettura non era trascurata, anzi valorizzata.Oggi, invece, il piacere della lettura sembra non attrarre più nessuno. Forse è troppo difficile da ricercare, rintanato nelle pieghe e nelle intermittenze, “là dove l’abito si schiude”, direbbe Barthes: non si legge o si legge male, la nostra società è oltremodo frigida.

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