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venerdì 5 giugno 2009

Volontà di verità



Nella Divina Commedia Dante presenta Ulisse tra i consiglieri fraudolenti; nonostante ciò le sue colpe vanno oltre. Ulisse è infatti accusato di aver convinto i suoi compagni a tentare la folle impresa di oltrepassare le colonne d'Ercole. In tal senso la condanna sfiora l'accusa di empietà, cioè di ateismo, in quanto, il limite delle colonne d'Ercole (presso lo stretto di Gibilterra) era stato posto dagli stessi dei (sulle colonne, secondo i latini, era scritto: “Non plus ultra”).
La sete di conoscenza, la ricerca di luoghi mai esplorati e la volontà di verità, spinse Ulisse ad oltrepassare questo limite!



Volontà di Verità: Metodo di Partizione

La volontà di verità è presentata tra le procedure di esclusione elencate ne "L'ordine del discorso" di Michel Foucault. Foucault ritiene che il potere della parola è limitato da procedure di esclusione interne ed esterne. Tra quest'ultime troviamo oltre a interdetto
(chiunque non può parlare di qualsiasi cosa) e partage ( partizione e/o rigetto della follia), l'opposizione tra vero e falso.
I concetti di vero e falso sono contingenti, ma sorretti dalle istituzioni, che tentano di imporre una verità accettabile.
Nella Grecia del VI secolo, il discorso al quale bisognava conformarsi, era quello pronunciato da chi poteva farlo di diritto, da chi aveva il potere. Successivamente, circa un secolo piu' tardi la piu' alta verità non risiedeva più nel discorso in se, bensì in quello che diceva.
Attualmente la Volontà di verità fonda il suo potere nelle istituzioni ed è rafforzata da pratiche come la pedagogia, l'editoria, i laboratori, ecc.
La Volontà di Verità oggi ha quasi inglobato in se le altre due procedure di esclusione esterne, ma nonostante ciò resta la pratica meno discussa come se fosse mascherata dalla verità stessa; questo in modo da far apparire una verità insidiosamente universale e farci ignorare la volontà di verità come macchinario destinato ad escludere.
Tutti coloro che come Nietzsche, Artuad e Bataille (a volte considerati folli) hanno cercato di aggirare la volontà di verità per metterla in discussione "devono servirci come segni, senza dubbio altieri, per il lavoro di ogni giorno".



Volontà di Verità: Tra piacere e godimento

Roland Barthes ne "Il piacere del testo" differenzia un testo di piacere e un testo di godimento: nel primo caso vi è appagamento, soddisfazione e il piacere è dicibile; nel secondo caso vi è perdita, mancamento, infatti il godimento resta qualcosa di indicibile.
Barthes paragona la suspance narrativa a uno strip-tease corporeo: il piacere sta nella speranza di conoscere la fine della storia e di vedere il sesso.
Ciò ci porta nel testo di piacere (grandi classici di Balzac, Verne, Proust, ecc.) una tmesi indebolita: noi leggiamo con ritmo disinvolto tralasciando i particolari per l'avidità di conoscere la verità. Ma forse non sta proprio in un questo il piacere? In questa forsennata corsa verso la verità?
Quando leggiamo un testo velocemente “ diventiamo simili a uno spettatore di cabaret che salga sulla scena e acceleri lo strip-tease della ballerina
togliendole destramente gli indumenti, ma nell’ordine, cioè: rispettando da un lato e precipitando dall’altro gli episodi del rito” (R. Barthes).

"Una bella donna ha qualcosa in comune con la verità: Entrambe danno più felicità quando si desiderano che quando si posseggono". (F. Nietzsche)

Se la vita è un pendolo come riteneva Schopenhauer, che oscilla tra dolore/tristezza e noia, la felicità e il piacere stanno nel mezzo, nell'attimo in cui il pendolo si allinea: il piacere risiede nel culmine dell'attesa.
Come descritto da Leopardi ne "Il Sabato del Villaggio", la felicità risiede nell'attesa, aspettare il giorno di festa è assai più bello e ricco che le aspettative del giorno stesso.
Leggendo, vogliamo arrivare fino infondo il prima possibile, ma il piacere sta nella produzione, non nel prodotto. Il piacere è vedere l’opera che finisce, non l’opera già finita.


Volontà di verità: Limite e superamento

Foucault ci parla della volontà di verità come una procedura di esclusione, la quale limita il potere della parola e “ tende ad esercitare sugli altri discorsi una sorta di pressione e quasi un potere di costrizione”. Barthes vede nel testo di piacere una forza che ci spinge a saltare i dettagli “per ritrovare al più presto i luoghi scottanti dell’aneddoto (che sono sempre le sue articolazioni: quanto fa avanzare lo svelamento dell’enigma o del destino)”.
Dunque la volontà di verità nel discorso ci limita, nel testo di piacere, invece, ci porta ad andare oltre. Da questo si deduce che se il nostro “habitus linguistico” corrisponde al nostro "habitus pratico”, la nostra società pone dei limiti, delle verità “non contingenti”, verità che solo gli Ulisse della modernità grazie alla volontà di verità cercano di aggirare per andare oltre.

1 commento:

  1. Un buon lavoro, complimenti.Bella soprattutto la parte iniziale di Ulisse e il paragone con la sua sete di conoscenza e la volontà di verità che non disseta mai gli uomini.

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