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domenica 7 giugno 2009

LA VOLONTA' DI VERITA' DELLA SOCIETA' E LE INNUMEREVOLI VERITA' NON ACCETTATE: LA LIBERTA' DI PAROLA NON ESISTE


Il discorso, per Foucault, ha una sua materiale realtà, è di natura transitoria ma non se ne può predire la durata, è pervaso da poteri e pericoli che non si possono cogliere istintivamente. Foucault intende rendere espliciti i meccanismi di controllo, selezione e organizzazione della produzione del discorso che ne depotenziano la materialità e che permettono di padroneggiarlo. Egli parla in particolare delle procedure di “esclusione” che comprendono: la procedura d’esclusione dell’”interdetto”, che rende il discorso non accessibile a chiunque e in qualsiasi circostanza; poi il cosiddetto “partage”, ovvero la “partizione” tra ragione e follia e tra sensatezza e insensatezza e si riferisce al fatto che la parola del folle, manifestazione della sua follia, è spesso considerata priva di verità; infine il terzo principio di esclusione è la categoria del “Vero” e del “falso” che sono concetti contingenti alla storia, in continuo movimento, sorretti da istituzioni o da tradizioni che impongono la “verità accettabile”: La partizione vero/falso è situata nella cosiddetta “volontà di verità” o “volontà di sapere” degli uomini, ovvero gli interessi conoscitivi attraverso cui la società valorizza il sapere e la verità.
Dietro queste procedure c’è la volontà di impedire l’anarchia nell’ambito della parola: Se tutti parlassimo nella parità senza indicazioni preferenziali su ciò che merita di essere detto, su chi merita di dirlo, sul quando e sul dove, tutto si rivolterebbe contro la nostra stessa organizzazione sociale. La società non reggerebbe il peso dell’assoluta libertà di parola.
Dunque la “libertà di parola” non esiste o almeno non è mai assoluta nemmeno negli stati più democratici. Le limitazioni non sono semplici leggi restrittive ma limitazioni tacite e indirette e per questo più pericolose in un certo senso: non si possono cambiare o combattere né con abrogazioni né con petizioni. In realtà noi non notiamo neppure l’esistenza di queste limitazioni perché esse si presentano sotto forma di “tradizione” e la “tradizione” è un qualcosa che ci viene imposta “amorevolmente” ; anzi, il più delle volte siamo noi che ci affidiamo ad essa prendendola come scudo ogni qual volta abbiamo bisogno di giustificare il nostro modo di fare o il nostro modo di essere. In questo modo, quindi, essa non viene nemmeno problematizzata perché mascherata con una patina di verità e diventa inutile e insensato, se un discorso è ritenuto “vero”, chiedersi se lo è davvero. Nessuno ha il potere di dire che la verità non è vera solo perché figlia di una volontà di verità storicamente e culturalmente plasmatasi: la volontà di verità è, come la morale, “storicamente determinata”.
Non si può dire qualsiasi cosa in qualsiasi momento e deve essere così, altrimenti sarebbe il caos; ci siamo regolamentati e continuiamo a regolamentarci spontaneamente nei discorsi come, del resto, nei rapporti sociali…è la nostra natura! Proprio come spontaneamente mutano le lingue, anche il mutamento della “volontà di sapere” avviene in modo spontaneo attraverso una riorganizzazione sociale graduale. In definitiva: ogni cultura si prefigge progetti sistematici di conoscenza dando, in base ai propri interessi conoscitivi, priorità diverse, ma, questi fungono da filtro non solo per quanto riguarda i discorsi, ma anche per quanto riguarda credenze e valori.
Può però un individuo avere priorità diverse rispetto a quelle della sua società? Ci si può opporre individualmente alla “verità accettata”? Noi l’abbiamo accettata involontariamente come abbiamo accettato di adottare la lingua madre per l’esigenza di parlare e comunicare. E se un uomo malauguratamente dovesse non riconoscersi nella “volontà di verità” della sua società? Questo può succedere e succede spesso dato che le strutture sociali, al contrario delle strutture linguistiche, sono motivate e dunque possono essere messe in discussione. Quest’uomo avrebbe qualche speranza se decidesse un bel giorno di togliere la sua maschera, di rinunciare ad ogni legittimazione, di fare a meno di ogni protezione e di andare contro la “verità accettata”? Tanti uomini sono riusciti a fare la differenza in questo modo. Certo, ci vuole coraggio per andare contro tutto ciò che è vero per gli altri e secondo me non è giusto neppure questo, l’opporsi a tutto e tutti, il volere imporre la propria verità ritenendola più giusta delle altre: come diceva il caro Pirandello, le verità sono tante, tante quanti sono gli individui e le loro visioni della vita.
Bene, allora l’importante è, a parer mio, esserne innanzitutto consapevoli, mantenere la propria individualità e il proprio senso critico, non affidarsi mai totalmente alla “verità accettata”, in definitiva l’importante è non illudersi del fatto che esista davvero nelle società democratiche la “libertà di parola”: la libertà di parola non esiste..ma se ci sforziamo possiamo riuscire a mantenere la nostra libertà di pensiero..è una fatica, però, ne vale la pena..

2 commenti:

  1. Mi autocorreggo un errore grammaticale di distrazione: "la tradizione è un qualcosa che ci viene IMPOSTO"
    chiedo scusa..

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  2. cara sandy vedi che gli interventi si possono modificare, basta cliccare sulla matita adiacente alla scritta commenti!

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