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giovedì 4 giugno 2009

Uno sguardo critico sull’espediente della sessualità in due scritti di Michel Foucault e Roland Barthes

Nella presente relazione ho deciso di focalizzare l’attenzione su come può essere letto l’espediente della sessualità in Michel Foucault e in Roland Barthes facendo riferimento a due testi specifici: L’ordine del discorso e Il piacere del testo.

Nell’incipit de L’ordine del discorso di Michel Foucault si legge: «in ogni società la produzione del discorso è insieme controllata, selezionata, organizzata e distribuita tramite un certo numero di procedure che hanno la funzione di scongiurare i poteri e i pericoli»[1]. Alcune di queste procedure sono dette d’esclusione. Fra queste, quella che interessa in quest’analisi è l’interdetto. L’interdetto altro non è se non l’impossibilità di parlare di qualunque cosa. Un esempio di interdetto nell’ambito del linguaggio è quello che riguarda la sessualità dal periodo che va dal XVI al XIX secolo. In epoca moderna si assiste non tanto ad un incremento della repressione sessuale, quanto a una proliferazione dei discorsi aventi come oggetto il sesso. Si osserva lo sviluppo di una tendenza a parlare di sesso in settori quali la medicina, la sociologia, la psichiatria, la pedagogia, ecc. Secondo Foucault tali discorsi sono controllati secondo il regime della confessione, a causa del quale accade che ognuno si sente obbligato a rivelare agli altri e a se stesso ogni elemento affine al sesso. In questo modo “sapere e potere” rivelano la loro realtà che di fatto rende illusoria sia l’idea di una ricerca scientifica obiettiva sulla sessualità che qualsiasi strategia di emancipazione e liberazione sessuale. Tutto ciò lo si deduce dal fatto che Foucault ritiene non esista alcuna dimensione originaria da recuperare. Così la sessualità diventa una delle politiche produttive principali del potere, ma, soprattutto, un elemento di grande strumentalizzazione alla base del quale si sviluppano svariate strategie prevalentemente repressive.

A questo punto interessante sarebbe una sorta di comparazione con un altro grande autore che sull’argomento ha scritto in Il piacere del testo. Ci si riferisce chiaramente a Roland Barthes. Infatti, se da un lato Foucault si occupa della sessualità per fare emergere un particolare sistema di interdetto, dall’altro Barthes utilizza la sessualità come metafora per spiegare il flusso di seduzione che intercorre fra testo e lettore. Nelle prime pagine Barthes sostiene che la scrittura deve dare la prova al lettore di desiderarlo. Questo piacere che può dare la lettura deriva da una ridistribuzione della lingua; ciò significa che «né la cultura né la sua distruzione sono erotiche; è la crepa fra l’una e l’altra che lo diventa»[2]. Questo momento di frattura, di deflagrazione coglie il soggetto nel pieno godimento, come succede a un libertino che gusta l’attimo dopo un’ardita macchinazione. Non è casuale la presenza nel testo del termine ‘attimo’. Questo perché, secondo l’autore, niente ci dice che lo stesso testo ci piacerà una seconda volta, quindi l’“attimo di godimento” ci avvisa che si tratta di un piacere precario. Fin qui però si sono utilizzati ‘godimento’ e ‘piacere’ come fossero sinonimi, in realtà Barthes definisce il piacere (del testo) come quel piacere che soddisfa, appaga, regala euforia, mentre il godimento come puro mancamento che al contrario del piacere non è neppure dicibile. Barthes propone degli accostamenti concreti fra piacere erotico e piacere del testo. Per esempio, in un caso, quest’ultimo somiglia ad uno strip-tease corporeo nel momento di suspance narrativa; in un altro, mette sullo stesso piano la speranza di un collegiale di vedere il sesso con l’attesa di conoscere la fine della storia di un romanzo. Non bisogna comunque cadere nell’errore di pensare che Barthes con queste descrizioni voglia riferirsi solo ai testi pornografici. Di questi libri anzi afferma che più che la scena erotica, sono ‘eccitanti’ la sua attesa, la sua preparazione e crescita. L’autore vuole riferirsi piuttosto a storie raccontate senza malizia, perché è proprio di queste che è più facile produrre un rovesciamento dal quale si sviluppa superbamente il piacere del testo medesimo.

Si può concludere riportando un ultimo accostamento fatto da Barthes tra piacere del testo e sessualità umana:il testo ha una forma umana, è un anagramma del nostro corpo erotico. Ma la sottigliezza del paragone sta nel dire che come il piacere del corpo è irriducibile al bisogno fisiologico, così il piacere del testo è irriducibile al suo funzionamento grammaticale.

Quelli che ho brevemente illustrato sono alcuni degli aspetti che rendono i testi di Foucault e Barthes, presi brevemente in esame, notevoli spunti di riflessione su diverse tematiche valide a tutt’oggi.



[1] M. Foucault (2004), L’ordine del discorso, Einaudi, Torino, p. 4-5.

[2] R. Barthes (1973), Il piacere del testo, Einaudi, Torino, p. 6.

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