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lunedì 21 settembre 2009

L'ordine del discorso

Foucault nell’Ordine del discorso tratta di tre dei grandi sistemi d’esclusione che riguardano la discorsività e la comunicazione tra individui: la parola interdetta, la partizione della follia e la volontà di verità. Come discorso s’intende il potere di cui le persone cercano di impadronirsi.
Nella nostra società vi sono delle procedure d’esclusione, la più evidente è quella dell’interdizione. È risaputo che non si ha il diritto di parlare di tutto in ogni circostanza o contesto. Foucault, infatti, tende a sottolineare i tabù più frequenti come sessualità e politica. Vi è nella nostra società un altro principio d’esclusione che affonda le proprie radici nel passato (dall’Antica Grecia passando per il Medioevo), relativa all’emarginazione sociale e politica dei folli,quasi una partizione della follia.
Ad esempio fin dal Medioevo il folle veniva visto come il possessore di un sapere oscuro e proibito, capace di vedere realtà superiori che nascondono segreti misteriosi o rivelazioni religiose. Spesso associato alla figura del mago e del sapiente, il folle era colui il quale proferiva un discorso, che però non produceva nessun effetto, sociale o politico che fosse, allo stesso tempo però alle sue parole venivano attribuiti strani poteri, come ad esempio dire una verità nascosta o di annunciare l’avvenire, quasi fosse un inconsapevole oracolo mistico.
Non vi era una via di mezzo, la parola del folle o veniva presa in considerazione come una “ragione più ragionevole di quella della gente ragionevole” oppure cadeva nel nulla senza essere presa in considerazione, rendendo l’individuo oggetto di scherno e derisione da parte degli altri membri della comunità. Proprio nella parola del folle si compiva questa partizione dove si opponevano ragione e follia, antesignano del moderno binomio “Genio e Sregolatezza”. Foucault scandagliò lo sviluppo delle interpretazioni della follia sino alla moderna concezione della malattia mentale, mettendo in luce la forza creativa della follia che le società occidentali hanno tradizionalmente represso. La parola del folle non era presa in considerazione, cadeva nel nulla, rigettata appena proferita, qualunque discorso non era rilevante, tassello portante di un mosaico di pregiudizio ed ipocrisia. Un folle veniva riconosciuto o “etichettato” tale attraverso le sue parole, esse erano il luogo in cui si compiva la partizione, ma come già detto non erano mai accolte né ascoltate. Le parole del folle erano la manifestazione della sua follia, il luogo in cui si compiva la partizione tra la sensatezza e l’insensatezza. Anche oggi, per Foucault, esistono meccanismi di partizione, che però sono azionati in virtù di nuove istituzioni, con nuovi effetti. Il folle lo si ascolta e decifra tramite una rete di psicologi, psicoanalisti, medici ‘armatura del sapere’ fino a poco tempo fa in luoghi sanzionati, quali gli ospedali psichiatrici. Le procedure d’esclusione vi erano già nei poeti greci del VI secolo, veniva messo in rilievo come il discorso vero, quello per cui si aveva rispetto e terrore, quello al quale bisognava sottomettersi, era quel discorso pronunciato da chi poteva farlo.
Nella nostra società ancora oggi vige questa forma di repressione dove non tutti hanno il diritto di parola, dove ancora oggi il discorso deve essere pronunciato da chi di diritto, da chi ha potere, da chi “regna”,anche se si vuol far credere che questo diritto ci sia; a tal proposito Foucault nell’ordine del discorso riprende il vecchio principio greco: l’aritmetica può ben riguardare le città democratiche, poiché insegna i rapporti d’eguaglianza ma solo la geometria deve essere insegnata nelle oligarchie, poiché essa dimostra le proporzioni nell’ineguaglianza. Ciò che conta, dunque, è come la società valorizza, distribuisce e attribuisce il sapere perché la parola è potere.
Oggi possiamo anche aver allargato il numero dei soggetti parlanti, di avere moltiplicato i discorsi, di aver ampliato la libertà, di aver spostato i confini di controllo e dell’esclusione, i folli non vengono più isolati ma la loro follia può “parlare” in prima persona esprimendo la sua verità elementare, ovvero la follia riduce l’uomo ai suoi desideri primitivi e ai suoi meccanismi più semplici, e, allo stesso tempo, una verità terminale dell’uomo, in quanto gli mostra fino a dove possono spingerlo le passioni e la vita di società.

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