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domenica 20 settembre 2009

IL GODIMENTO DEL TESTO: IL LINGUAGGIO COME CAMMELLO, LEONE E FANCIULLO

"Il testo deve dare la prova di desiderare il suo lettore. La scrittura è la scienza dei godimenti del linguaggio: il suo kamasutra"
Ad avviso di Roland Barthes l'edonismo del testo deve essere rivendicato contro l'intellettualità: "è il vecchio mito reazionario del cuore contro la testa, della sensazione contro il ragionamento". Il compito dell'artista, afferma Debussy, è quello di cercare umilmente di far piacere, così come Oscar Wilde sostiene "l'artista è colui che crea cose belle".
Il testo deve dunque sedurre il lettore. Si configura qui la predilezione, da parte di Barthes, del dionisiaco nietzscheiano rispetto al raziocinio. Nietzsche attribuiva infatti ad Euripide la colpa di aver eliminato dalla tragedia, e quindi dall'arte, l'elemento dionisiaco in favore di valori morali ed intellettualistici; criticava Socrate e la sua folle presunzione di dominare la vita con la ragione, perchè "la razionalità ad ogni costo è una malattia".
Dioniso era infatti il dio dell'esaltazione dei valori vitali, dell'irrazionalità, della passione e quindi della creatività artistica.
Barthes distingue due tipologie del piacere del testo: il piacere (quello che, venendo dalla cultura, soddisfa e appaga) e il godimento, che potrebbe essere considerato come il piacere a un grado superiore, pathos emozionale portato al suo eccesso. Il godimento implica uno sconvolgimento, un mancamento, uno sconforto, in quanto in esso il soggetto (lettore-scittore) perde la consistenza del suo io: "il brio del testo sarebbe la sua volontà di godimento". In ciò quella del godimento rassomiglia alla concezione del sublime kantiano, catteristico di una bellezza talmente sconvolgente e intensa, da provocare insieme due sensazioni contrastanti, quali repulsione e attrazione.
Il godimento è espressione della propria deriva pulsionale, ed ha una natura asociale.
La critica verte sempre sui testi di piacere e mai su quelli di godimento, poichè il piacere è dicibile, il godimento è indicibile; quest'ultimo non può essere giudicato quale giusto o sbagliato, perchè va al di là del testo stesso. Il testo di godimento è un testo impossibile, intrattabile ed estraneo ad ogni critica, pertanto non si può argomentare su un testo del genere ma soltanto in esso. "Sul piacere del testo non è possibile nessuna tesi. Non potendosi dire, il piacere si metterebbe nell'essere spiegato sulla via generale delle motivazioni, di cui nessuna può essere definitiva". Esso è perciò talmente gratutito e imprevedibile, che sfugge al controllo del suo stesso autore. Donde il fallimento nel fondare una scienza del piacere come principio critico.
Il linguaggio, giacchè parte della doxa, della natura umana, viene inevitabilmete contaminato dalla vita sociale ed è per questo topico.
Diversamente il testo (purchè non sia un metalinguaggio) è atopico, neutro, almeno nella sua produzione; proprio perchè è esente da ogni norma politica o morale e costituisce una sorta di superamento sociolinguistico, Barthes lo definisce perverso: il godimento del testo è necessariamente perverso poichè "nessun godimento si può proporre in una cultura di massa". Il soggetto assiste pertanto all'erotica distruzione della cultura e gode della sua caduta.
Tuttavia viene decretata la preclusione del piacere del testo, a favore del conformismo culturale, razionalista o della critica al significante. Ma il piacere dell'arte, essendo libero da qualsiasi morale culturale, politica o religiosa, non deve giustificarsi dinnanzi ad essa, in quanto è puro, posside l'innocenza del divenire al di là del bene e del male. "Guarda i buoni e i giusti! Chi odiano essi di più? Colui che spezza le loro tavole dei valori, colui che infrange, che delique, ma questi è colui che crea." (Nietzsche).
Proprio in assenza di riferimenti estrinseci il linguaggio di testo trova la propria massima esplosione dionisiaca di godimento.
Ma il nichilismo del linguaggio in Barthes si spinge ben oltre i riferimenti extralinguistici: aspira alla distruzione del linguaggio stesso e al capovolgimento dei suoi canoni sintattici... "Lo scrittore è colui che gioca col corpo della (lingua) madre, per glorificarlo, imbellirlo, o per squartarlo, portarlo al limite di ciò che, del corpo, può essere riconosciuto: arriverà a godere dello sfiguramento della lingua e l'opinione pubblica griderà allo scandalo".
Privo di alcuna causalità o finalità (neppure quella del piacere), che possa costituire un ostacolo all'affermazione di sè, il godimento testuale diviene la testimonianza della crisi e della morte del linguaggio tradizionale.
E' a tal punto che dalle ceneri di quest'ultimo nasce "un nuovo stato filosofale della materia linguistica", che non è più un linguaggio, ma il linguaggio: quello del godimento, che va oltre il linguaggio del testo e il lettore, nel momento in cui ne trae piacere, è paragonabile a un antieroe che crea un nuovo senso della letteratura.
Ad avviso di Saussure, il linguaggio sarebbe un segno composto dalla corrispondenza arbitraria tra significante e significato; ciò può essere vero nel linguaggio quale strumento sociale, ma non in quello di testo, che è atopico e il suo godimento non dipende dal suo significato contenutistico (giacchè esso si è polverizzato con lo sgretolamento delle certezze), ma dalla sensualità della significanza. Da Barthes i due termini vengono presentati come sinonimi: il godimento è significanza e la significanza è godimento, che eccede il valore del significato.
"Il significato è un sasso in bocca al significante" (Jacques Lacan)
Secondo Barthes la più perversa delle letture è quella tragica: "provo piacere a sentir raccontare una storia di cui conosco già la fine", perchè il vero godimento nella tragedia non risiede nell'effimera soddisfazione epistemica, ma nell'emozione di rivivere lo scioglimento della storia.
"Ahimè, verrà il tempo in cui l'uomo non scaglierà più il dardo del suo desiderio al di là dell'uomo,
e la corda del suo arco avrà disimparato a vibrare"
Nietzsche



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