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sabato 19 settembre 2009

LA MUSICA COME FONTE DI PIACERE.

Riflettendo bene sul saggio di Roland Barthes, “Le plaisir du texte” del 1973, vorrei paragonare al “piacere del testo” il piacere della musica: il piacere che si prova nell’ascoltare un brano musicale è lo stesso che si prova quando si legge un libro, un racconto, una storia.

Anche la musica stimola le regioni cerebrali che regolano le sensazioni euforiche del piacere quali l’eccitazione sessuale o il brivido di piacere.
Barthes, nel suo saggio, paragona “il piacere del testo” con il “piacere carnale”: secondo il filosofo la scrittura può essere avvicinata al Kamasutra del testo. È la scienza dei godimenti del linguaggio , un insieme di pratiche.
La scrittura genera testi, considerati esempi di “ars erotica”, perché devono far provare desiderio al lettore, devono far sì che il lettore, nel leggere un testo, un brano, una poesia, provi piacere.
Per Barthes un testo viene letto con piacere se è stato scritto nel piacere.
Il ruolo dello scrittore è proprio questo: scrivere, anche solo perché ne ha voglia; lo scopo che egli ha è quello di scrivere nel piacere per accrescere il piacere del lettore. Un obiettivo non semplice da centrare perché, anche un testo scritto nel piacere, può non trasmettere nulla a chi lo legge (il piacere è estremamente soggettivo). Al lettore va il compito di cercare il piacere nel testo creandosi uno “spazio del godimento”.
Se al contrario il testo risulta noioso saremo portati a dire che è stato scritto fuori da ogni godimento. Sarà un testo che balbetta, come se lo scrittore, scrivendolo, avesse assunto un linguaggio da lattante (uno dei motivi per cui un testo balbetta riguarda il semplice bisogno di scrivere dello scrittore).

Abbiamo accennato al paragone tra il “piacere del testo” con il “piacere carnale”.
Barthes si chiede: “la parte più erotica del corpo, non è forse dove l’abito si dischiude?”. Cosa ci vuole dire?
Ci dice che il piacere ci viene dato dall’ intermittenza. Nel caso del corpo possiamo provare piacere, ad esempio, quando ci troviamo di fronte ad un’ apparizione-sparizione, quando vediamo cioè, la pelle che luccica fra due capi, come fra i guanti e la manica, fra la maglia e il pantalone, ecc. (vedo/non vedo).
Nel caso del testo, vuole quindi dirci che il lettore prova piacere quando un testo salta le descrizioni, le considerazioni, le spiegazioni, come se volesse accelerare uno strip-tease, per arrivare a vedere il sesso della ballerina; è come abolire la suspense narrativa: è essa che ci fa stare con il cuore in gola e ci spinge a leggere un libro fino alla fine, per sapere come un racconto finisce.
Eppure è proprio questo che ci da il piacere di leggere un testo: le varie scalfitture che il lettore fa.

Ritornando al paragone che vorrei esporre, si può dire che il “confronto-rapporto” che c’è tra lo scrittore e il lettore, può esserci anche tra l’artista e l’ascoltatore.
Anche la musica può creare in noi piacere, può annoiarci, può essere ascoltata con poca attenzione o con quella che Barthes, per quanto riguarda il testo, ha definito “suspense narrativa”; ad esempio, questo può succedere quando si ascolta una nuova canzone, e si crea suspense perché siamo, in un certo senso, curiosi di sapere come sarà il ritornello, o la seconda strofa, o la fine di quella determinata canzone.

Quello che non coincide tra il leggere un testo e ascoltare un brano musicale, riguarda il saltare alcune parti. È difficile che riusciamo a saltare parti di una canzone, a meno che non riusciamo ad ascoltarle perché siamo troppo distratti o perché la canzone ci annoia. Pensiamo in questo caso al “testo che balbetta” proposto da Barthes ai lettori: una canzone può annoiarci, quindi non ci spinge ad ascoltare attentamente il testo e la musica del brano musicale. Diremo quindi che quest’ultimo può “balbettare”, perché probabilmente l’artista che l’ha composto non l’ha scritto nel piacere.
Una canzone che ci da piacere ci emoziona, ci fa rivivere momenti belli della nostra vita, come se fossimo immersi in un sogno.
È come se, mentre ascoltiamo quella canzone, entrassimo in un mondo irreale, dove nulla ci fa stare male; possiamo solo “allora” dire che siamo circondati dal piacere più profondo. La musica quindi, come il piacere, è appagamento, è euforia, è soddisfazione.

Barthes inoltre, ne “Il piacere del testo”, fa una distinzione tra piacere e godimento.
Il godimento è mancamento, è perdita, sconvolge il lettore che perde consistenza del proprio “Io”. Ripensando alla musica, in tutte le sue forme, il godimento è lo stesso che ci viene dalla danza: mentre si balla ci si “immedesima” cosi tanto che si esce, come è solito dire, dai “limiti della normalità”. La danza può essere dunque legata al godimento perché con essa si perde la consistenza del proprio “Io”. In questo caso, bisogna specificare, che il rapporto è tra la musica e il danzatore (o ballerino), e non più tra l’ artista e l’ ascoltatore.

Infine, Barthes considera il testo di piacere come un testo dicibile, al contrario del testo di godimento definito, oltre che testo indicibile, anche testo insostenibile e impossibile. Infatti, sul primo si possono muovere critiche, ma sul secondo non si può discutere.



Angela Rapanà





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