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mercoledì 2 dicembre 2009

IL DISCORSO E LE SUE PROCEDURE D’ESCLUSIONE

Uno dei libri più affascinanti di Michel Foucault è L'ordre du discours, “L’ordine del Discorso”, letto da egli stesso al Collège de France nel dicembre del 1970. Foucault spiega il proprio metodo, i progetti di lavoro, il proprio campo di indagine. Soprattutto, esamina le procedure che controllano, selezionano, organizzano e distribuiscono la produzione del discorso.

Ma che cosa è in verità il Discorso?

Il Discorso non è un sistema di segni che rimanda ad altro, ma ' pratica che forma sistematicamente gli oggetti di cui parla ': esso è dunque autosufficiente, si autoregola e non è riconducibile ad una causa o a un fondamento unico esterno ad esso, nè ad un soggetto trascendentale o empirico, nè a condizioni economiche e storico-sociali, nè allo spirito dei tempi. Il Discorso però si inserisce in una trama di rapporti di potere che permea ogni società: esso è una pratica che dipende dal potere, ma che genera anche potere. Un potere di cui ogni singolo individuo tenta di impadronirsi, è cosi che il linguista francese definisce il Discorso. La produzione del Discorso in ogni società è controllata, selezionata e organizzata tramite delle procedure di esclusione: l’interdetto, la partizione e infine la volontà di verità.

L’interdetto: quando non si ha il diritto di dir tutto, non si può parlare in qualsiasi circostanza, insomma chiunque non può parlare di qualunque cosa, ecco perché tabù dell’oggetto, rituale delle circostanze e diritto privilegiato del soggetto che parla. Questi sono i tre tipi di interdetto che incrociandosi tra di loro danno luogo ad un reticolo più fitto, oggi ad esempio si ha quando si parla di sessualità e politica, come se il Discorso in apparenza sia legato al desiderio e al potere. Ma non è soltanto ciò che manifesta il desiderio, ma il Discorso è ciò per cui si lotta, e il potere di cui si cerca di impadronire.

La partizione (ragione-follia): si pensi all’opposizione tra ragione e follia. Nel Medioevo la parola del folle non veniva presa in considerazione, perché non aveva nessun senso logico; oppure le si attribuivano strani poteri, quello di annunciare l’avvenire, vedendo tutto il mondo con saggezza e ingenuità. Oggi invece la parola del folle viene ascoltata e decifrata, grazie a istituzioni (manicomi,case di cure, ospedali psichiatrici ecc..) che consentono a medici e psicanalisti di aiutare e ascoltare i propri pazienti. La follia quindi ai giorni nostri non viene più concepita come elemento negativo.

Volontà di verità (vero-falso): principio del quale Foucault si dedicò maggiormente. Nel VI secolo i Greci ritenevano che il “Discorso vero” era quello per cui si aveva rispetto, al quale bisognava sottomettersi, perché era pronunciato da chi regnava dicendo il potere e il quale partecipava all’evento e giustiziava. Un secolo dopo le cose iniziarono a cambiare, la verità non si trovava più in quel che il Discorso era, ma in quel che diceva, cioè verso l’enunciato stesso e il suo senso. Infatti attualmente la volontà di verità è istituzionale ed è rafforzata da pratiche come la pedagogia, l’editoria ecc… dal modo in cui il sapere è messo in opera in una società, da come è valorizzato, distribuito e attribuito.

Nel corso dei secoli molti studiosi, filosofi e linguisti hanno tentato di comprendere quale sia la reale verità del Discorso, teorizzando idee sul suo funzionamento, ma ancora al giorno d’oggi la veridicità del Discorso risulta volatile. Il Discorso diviene il nostro oggetto di desiderio, gli uomini tentano di raggiungere la sua comprensione, la sua veridicità, ma non si arriva mai a capire, nonostante venga analizzato, se un Discorso è vero o falso, perché esso non riesce a donarci e farci comprendere a pieno la sua entità. Un Discorso sappiamo che è reale, perché viene pronunciato realmente da qualcuno, ma non si può avere mai la certezza se l’enunciato è vero o falso.

Oltre a queste esistono altre procedure di controllo e delimitazione del discorso; dove i discorsi tendono a controllarsi. Sono procedure che non funzionano come principi di classificazione, d'ordinamento e di distribuzione ma vogliono padroneggiare una dimensione del discorso che Foucault chiama dell'evento e del caso.

il commento: nelle Società esiste un dislivello tra i discorsi, quelli che "si dicono" ma che non restano, passano nel momento in cui vengono enunciati; e quelli che restano, che originano nuovi atti, che vengono ritualmente trasmessi, che variano, che vengono ripresi e citati ( esempio ne nostro sistema culturale: testi religiosi e giuridici, letteratura, libri scientifici ecc...).Il commento deve dire per la prima volta quel che era già stato detto e ripetere ciò che non era mai stato detto.Il commento è un discorso che non nasce dal caso, parte da un testo, dice cose anche diverse, ma ripropone il testo di partenza. Nel commento "...il nuovo non è in ciò che è detto, ma nell'evento del suo ritorno".

L' autore: Foucault non intende per autore che scrive o recita un testo, ma 'L' autore come principio di raggruppamento dei discorsi, come unità di origine dei loro significati'. La funzione dell'autore va al di sopra di ciò che è la presenza e la materialità di chi realmente scrive un'opera; a seconda delle epoche in Europa l'autore ha conferito status di verità alla propria opera solo in virtù della sua firma, oppura non si è preoccupato di rendere nota la sua entità, come per i testi letterari del Medioevo. Il principio dell'autore limita il discorso alla sua individualità, cerca di dare coerenza alle infinite possibilità dl linguaggio.


Un altro principio di limitazione da riconoscere è la disciplina , l'organizzazione delle discipline però si oppone sia al commento che all'autore, per una serie di motivi; la disciplina non individualizzante, è definita da un campo d'oggetti e di metodi, non è ripetitiva, ma al contrario necessita di nuovi enunciati. Però non tutto quello che costituisce la disciplina è vero a proposito di qualcosa. Ad esempio nel campo della medicina , non è costituita da tutto ciò che si può dire di vero sulla malattia, una proposizione prima che appartenga alla patologia, deve rispondere a condizioni rigide della verità, e deve rivolgersi ad un piano d'oggetti determinato (strumenti concettuali o tecnici, metafore accettabili ). Dunque una proposizione prima di potersi dire vera o falsa, per appartenere ad una disciplina, essa deve essere nel vero.

Sono passati venticinque anni dalla morte di Foucault, ed egli era già stato capace di trarre presagi sul futuro dall'analisi del proprio tempo. Oggi le procedure di esclusione, non esitono più, nel senso che non si possono più effettuare sui discorsi a causa di molti cambiamenti; ad esempio basta pensare agli ultimi vent'anni con l'esplosione del web, ormai considerata la più grande comunicazione di massa capace di cambiare i costumi e il modo di parlare della società. Con internet è impossibile controllare e organizzare il discorso di ogni singolo individuo che esercita sul web. Con Foucault si parlava di individualità, oggi di massa.

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